Il cammino delle riforme

di Alberto Bradanini pubblicato il 03/01/19

In occasione del 40° anniversario della politica di riforma e apertura della Cina avviata da Deng Xiaoping nel 1978, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha diffuso un articolato discorso con il quale ha voluto celebrare i successi conseguiti dal suo Paese in questo arco di tempo e quelli che la Cina intende ottenere nel prossimo futuro, investendo sulla capacità di mantenere la stabilità politica e sociale, e di generare benessere a favore del popolo cinese.

La Cina, ha esordito il Presidente Xi, un paese con oltre 5mila anni di civiltà e quasi 1,4 miliardi di abitanti, non dispone di un libro già scritto, con regole e norme precise che garantiscano sviluppo e benessere per tutti. Quello che la Cina ha messo a punto è uno strumento flessibile, allo stesso tempo di teoria e prassi politica, che il Partito sintetizza nel progetto di costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi, un progetto per la verità mai illustrato in maniera convincente, ma rivelatosi tuttavia uno strumento teleologico assai efficace, che ha saputo adattarsi ai bisogni della popolazione e alla complessa realtà interna e internazionale.
Il progetto di costruire una società socialista dai contorni inediti possiede una portata e un orizzonte che travalicano le sue frontiere, in una sfida per conquistare quegli spazi che competono al gigante asiatico alla luce delle sue odierne dimensioni politiche ed economiche.


Secondo Xi Jinping, il cammino delle riforme (che non sono quelle, politiche e strumentali, che l’Occidente evoca da decenni) deve mantenere coerenza con l’obiettivo fondamentale di migliorare e sviluppare il socialismo con caratteristiche cinesi, investendo sulla modernizzazione della società e rafforzando le capacità dello Stato di governare il paese. Tenendo conto dei risultati raggiunti nei diversi settori della società e dell’economia della Cina, il Partito cercherà di riformare ciò che deve essere riformato, senza introdurre cambiamenti non necessari, specie dove tali riforme sarebbero inutili o pericolose.


Ciò che la Cina ha realizzato negli ultimi 40 anni non è stato il dono di un dio o il regalo di paesi amici, ma l’esito del lavoro, della saggezza e del coraggio del Partito e del popolo cinese comprensivo - sottolinea Xi Jinping - di tutte le etnie del paese. In buona sostanza - ha implicitamente ricordato il Segretario Generale del Partito parafrasando Mao Zedong - l’uscita dal sottosviluppo non è un pranzo di gala, ma un percorso irto di ostacoli e di fatiche, una prova tuttavia che la Cina ha brillantemente superato percorrendo in pochi decenni un tragitto di crescita e di industrializzazione che in altri paesi ha richiesto centinaia di anni. Si deve riconoscere al riguardo che l’orgoglio espresso dal Presidente cinese a nome della sua gente è pienamente giustificato.

Cent'anni di trasformazioni

La trasformazione della Cina, che ricordiamolo è allo stesso tempo un Paese-Continente, un Paese-Civiltà e un Paese-Ideologia, da un’economia prettamente rurale a un grande paese industrializzato, senza perdere di vista, nelle parole di Xi Jinping, l’obiettivo di edificare un giorno una società socialista (cosa egli intenda con questa definizione resta tuttavia un mistero) può essere raggiunto solo attraverso un impegno che attraversa le generazioni e il cui testimone viene tramandato dall’una all’altra in una gara incrementale, facendo tesoro dei successi, correggendo gli errori e pensando ai bisogni delle future generazioni.


Una delle regole d’oro di tale percorso prevede che nessuno possa dettare al popolo cinese cosa dovrebbe o non dovrebbe essere fatto. Quello che noi italiani chiamiamo vincolo esterno, vale a dire la disciplina imposta dall’Unione Europea sulla nostra politica economica e fiscale (nell’incomprensibile presupposto che da soli non siamo in grado di difendere i nostri interessi), è persino concettualmente incomprensibile per la dirigenza cinese: se ci fossero state, le interferenze nelle scelte di politica economica o fiscale (che in Italia sono considerate legittime, e persino auspicabili) avrebbero reso impossibile il miracolo economico cinese degli ultimi 40 anni.



Lo spirito di riforma e apertura che da allora alimenta la vita del paese è ancora oggi un segno distintivo del popolo cinese, un segno che secondo il Presidente cinese alimenta la creatività del Partito nella teoria e nella pratica di edificazione del socialismo, un salto di qualità rivoluzionario nella costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi, che partendo dalla consapevolezza degli interessi del paese (e del Partito), investe sull'esperienza acquisita, sulle aspirazioni e i bisogni della popolazione, e sulla crescita della nazione.


Ripercorrendo le tappe storiche fondamentali della Cina moderna, Xi Jinping ha elencato gli eventi occorsi a partire dal Movimento del 4 maggio 1919 (generato dalle proteste contro le Grandi Potenze che a Versailles avevano legittimato la presenza straniera nel paese), la fondazione del Partito Comunista Cinese (1921), quella della Repubblica Popolare Cinese (1949) e la politica di riforme e aperture di Deng (1978). Su tale traiettoria, la Cina, rileva Xi, “ha mostrato la vitalità del socialismo scientifico producendo risultati straordinari che sono sotto gli occhi di tutti, e compiendo passi giganteschi in termini di crescita, produzione di ricchezza e sviluppo della democrazia socialista”.


Il paese ha accresciuto il suo soft power culturale nel mondo. L'identità nazionale e culturale sia in patria che all'estero è stata significativamente rafforzata, mentre si sono alleviate le piaghe che hanno afflitto la sua gente per migliaia di anni: fame, penuria di beni e povertà, e - potremmo aggiungere – instabilità.

La Cina ha rafforzato significativamente la governance ecologica e ambientale, mentre le forze armate – sottolinea con orgoglio il Presidente Xi – “sono diventate una forza invincibile a salvaguardia del benessere del popolo, della patria e della pace nel mondo”. Vedremo.

La Cina, senza dimenticare l’obiettivo della riunificazione pacifica della madrepatria (il pensiero corre qui a Taiwan), costituisce oggi un fattore imprescindibile della pace, dell’economia mondiale e dell'ordine internazionale (il riferimento è qui alle politiche destabilizzanti di Donald Trump).


Il Partito - rileva ancora Xi Jinping - avrebbe vinto, il condizionale è d’obbligo, persino la battaglia contro la corruzione. In verità, la lotta contro la corruzione in ogni paese è lunga e irta di difficoltà, richiede libertà di stampa, una magistratura indipendente e la mobilitazione di una società civile matura e attiva, oggi impedite dal monopolio del potere da parte del Partito (90 milioni di iscritti): se Xi ha ottenuto alcuni risultati, essi rimangono tuttavia al di sotto delle attese e delle necessità.

Negli ultimi 40 anni la vita di centinaia di milioni di cittadini - continua il Leader cinese - ha raggiunto una moderata prosperità, anche se la distribuzione della ricchezza è ancora iniqua: cresce il numero dei ricchi, mentre persistono estese sacche di povertà. Lo scenario tuttavia, a suo dire, migliora di anno in anno. Malgrado tali incongruenze, forse inevitabili, il percorso intrapreso 40 anni or sono, centrato sul perseguimento del socialismo con caratteristiche cinesi, ha raggiunto i suoi obiettivi.

Un socialismo costruito nella pratica

Non solo, ma l’esperienza cinese, alla luce di tali successi, costituisce un modello e una prospettiva di grande valore per quei paesi che intendano uscire dal sottosviluppo e intraprendere la strada della modernizzazione. In buona sostanza, lo sviluppo della Cina serve la causa della pace e insieme contribuisce significativamente al progresso della civiltà umana.


Il Partito Comunista Cinese dovrà proseguire sulla strada del rinnovamento della sua leadership (qui Xi Jinping cade in contraddizione, avendo egli stesso cancellato il limite finora rispettato dei due mandati presidenziali), del miglioramento nella selezione dei suoi dirigenti e nei metodi di gestione.
Alla persona umana dovrà essere riservata maggiore attenzione (un proposito la cui veridicità andrà verificata in concreto, data l’elevata sensibilità politica di tale ambito), continuando a soddisfare le aspirazioni espresse e inespresse del popolo cinese, per una migliore qualità di vita.



Il marxismo resta l’ideologia-guida del paese e del Partito, un’ideologia che continuerà a esplorare possibili innovazioni di dottrina partendo dai risultati ottenuti dalla prassi, facendo attenzione a non deviare dalla strada della costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi e tenendo sempre a mente i benefici per la nazione cinese.

Lo sviluppo economico rimane la massima priorità del Partito, che dovrà lavorare al rafforzamento delle capacità del paese di crescere e di aprirsi al mondo esterno, salvaguardando però in ogni circostanza gli interessi nazionali, per costruire un futuro di pace e prosperità con le altre nazioni del mondo.


Lo strumento imprescindibile per raggiungere tali traguardi è costituito dal Partito, che deve essere gestito in modo efficiente e rigoroso, rafforzandone la capacità di innovare e di unire, generando quell’energia necessaria a garantire il raggiungimento di tali obiettivi.
Infine, la visione del mondo e l’attuazione della metodologia fondata sul materialismo storico e dialettico devono trovare un punto di equilibrio con la necessità di introdurre utili riforme, promuovere lo sviluppo e garantire la stabilità.


Alla luce dei propositi che Xi Jinping ha ribadito anche in questa circostanza, appare affrettato sia il giudizio di chi vede nella Cina un paese avviato inesorabilmente sulla strada del capitalismo, sia di chi la vede come un paese tuttora ancorato a pratiche di stampo comunista (o peggio vetero-comunista). È invece buona norma, quando si toccano argomenti complessi, moderare l’impulso alla semplificazione. Se il lessico prediletto dal Partito Comunista Cinese definisce la Cina in transizione verso un socialismo con caratteristiche cinesi, potremmo tentar di capire il contenuto di tali caratteristiche, in attesa che la dirigenza comunista voglia risolvere il quesito. Se poi non riusciamo a sottrarci al bisogno di una sintesi terminologica, potremo scegliere di aggiungere, ad libitum, l’aggettivo determinativo comunista o capitalista, nella consapevolezza tuttavia che applicata alla Cina l’esegesi apparentemente antitetica di tali attributi non può prescindere dai connotati con i quali la prassi della costruzione del socialismo (dalle eterne caratteristiche cinesi), molto più che la dottrina, ha sinora modellato i lineamenti economici e sociali della Repubblica Popolare di Cina.